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L'Essere degli Alberi - Pensieri di verde pace in un mondo in guerra con sé stesso




Pochi chilometri da Palermo, lungo una strada collinare e paesaggistica, al termine parziale di questo avvolgente e fascinoso scenario, percorrendo un'impervia stradina che si inerpica tra curve sfidanti e sassi improvvisi, si apre allo sguardo una via ben curata, fatta di foglie e pietrisco lieve, quasi polveroso, che con morbido andamento porta in un luogo d'incanto, sospeso tra realtà e misticismo, tra netta consistenza e profonda spiritualità.



Pochi chilometri da Palermo, lungo una strada collinare e paesaggistica, al termine parziale di questo avvolgente e fascinoso scenario, percorrendo un'impervia stradina che si inerpica tra curve sfidanti e sassi improvvisi, si apre allo sguardo una via ben curata, fatta di foglie e pietrisco lieve, quasi polveroso, che con morbido andamento porta in un luogo d'incanto, sospeso tra realtà e misticismo, tra netta consistenza e profonda spiritualità.

Questo luogo, verde per natura, forte del suo essere vivo e vitale, posto oltre Monreale e prima del piccolo centro urbano di Pioppo, è il Bosco di Casaboli, un'area verde, protetta e ben curata, dove la natura incontaminata riecheggia profumi e forme che, in un rimbalzo all'infinito, ne caratterizzano l'essere e l'essenza.

Sistemo la bici, e con sguardo rotondo respiro la calda e calma accoglienza di questo luogo catartico, circondato dall'autorevolezza delle vette che lo attorniano.

Con passo lento e sentito, mi addentro, avanzo nel sottobosco, inebriato da odori di muschio e terra che, nella mia percezione, diventano sapori.

Mi faccio attrarre da un grande e maestoso Faggio, ripongo il mio zaino, prendo il mio portatile e subito trovo posto poggiando le mie spalle lungo il tronco che mi tiene e contiene, donandomi il suo sostegno.

Si, è proprio così, ho scelto di scrivere queste riflessioni in questa piccola foresta siciliana perché mi sono chiesto che senso avrebbe avuto scrivere di Boschi e Alberi, di Arbusti e Cespugli, di Rovi e Bacche, senza un contatto diretto e vissuto nell'hic et nunc del fluire dei miei pensieri, senza quella prossimità che racconta il legame arcaico e primitivo, ancestrale e primigenio che esiste tra gli Umani e gli Alberi.

Lo sguardo sul video del pc, i sensi aperti ad accogliere e percepire, le dita che scorrono sui tasti e l'energia di questo luogo che mi attraversa, formano la condizione che genera il fluire dei miei pensieri, un piccolo viaggio per evidenziare il rapporto tra Alberi e Umani nella storia, nella religione, in politica, in poesia e nell'arte, un breve e accennato itinerario lungo il quale è possibile intravedere quanto Essi ci osservano e prendono parte al nostro gioire e al nostro patire.

Un tempo, il piccolo fiume Iliso, che scorre nella pianura di Atene, era circondato di Platani che ascoltavano i colloqui tra Socrate e Platone, così come può dedursi, da tanta iconografia, quanto la Palma proteggeva con la sua ombra la Vergine e il Bambino e, per tale motivo, cosiddetta Palma di Maria, o ancora evochiamo il Mango del Budda che offrì il fiore dell'Ultimo Discorso.

Penso al mito di Fillide che, con il cuore spezzato dalla vana attesa dell'amato Demofonte, si tolse la vita e che Atena, mossa dalla commozione, trasformò in Mandorlo; oppure al mito di Dafne che chiese aiuto alla Madre Gea che, per aiutarla a sfuggire ad Apollo, la trasformò in un leggiadro Albero, il Lauro - La madre Gea ascoltò la sua preghiera e così iniziò a rallentare la corsa della figlia, in fuga da Apollo, fino a fermarla e contemporaneamente a trasformare il suo corpo: i suoi capelli si mutarono in fronde leggere; le sue braccia si levarono alte verso il cielo diventando flessibili rami; il suo corpo aggraziato si ricoprì di corteccia; i suoi delicati piedi si tramutarono in robuste radici ed il suo volto, rigato di lacrime, svaniva nella cima dell'albero.

Come non rievocare l'Albero del Paradiso che, suo malgrado, partecipò al peccato originale o l'Albero della vita eterna che nel Corano viene posto tra il Giardino dell'Eden e il ponte verso l'Inferno e di cui la leggenda narra che nel meraviglioso giardino dell'aldilà, che i Musulmani chiamano Jannah, esso è così grande, e possiede talmente tanti rami, che se un veloce cavaliere decidesse di attraversare la sua ombra, impiegherebbe più di cento anni. Dalle sue radici nascono fiumi di acqua limpida e fresca, e le sue foglie di smeraldo accolgono frutti simili a gioielli. Quest'albero si chiama Tuba e rappresenta la vita eterna.

E ancora, nella rivoluzione illuministica l'umanità, liberata dagli antichi e vetusti condizionamenti sociali e culturali, tornò a vivere la natura in spirito di bellezza e la nuova Convenzione socioculturale volle l'Albero come simbolo della libertà; coloro che appartennero alla sinistra della Convenzione nazionale francese detta la Montagne- i Montagnardi - lo posero in cima alla loro collina e pretesero che anche la giustizia venisse amministrata sotto le sue fronde.

Poi la civiltà industriale prese il posto di quella dei Lumi; fu così che libertà e bellezza furono scalzate dall'avvento del profitto e gli Alberi furono tristemente soppiantati da tristi e inquinanti ciminiere.

Deforestazioni insensate, piromani dissennati, inaugurarono - tristemente - un tempo ancora tragicamente vivo, come se fosse in corso una vera e propria guerra contro un improbabile nemico che - oltretutto - non poteva e non può difendersi.

L'Antropocentrismo, quella arcaica concezione espressione di una teoria, di una religione o di una semplice opinione, veniva mutato in un atteggiamento selvaggio, incivile, zotico dal nuovo avvento socio - ideologico, determinato da un furore cieco contro Alberi e Foreste, Animali e specie viventi.

A nulla è servito che il pittore inglese John Constable riportasse al centro della cultura la Mistica della Natura con i suoi dipinti di Boschi e Brughiere, o l'evidenza filosofica suggerita da Hegel - puramente Romantica - dello squilibrio tra contenuto spirituale e forma sensibile.

A latere di tutto ciò, di questo immobilismo e deterioramento sociale e culturale, si imponeva un nuovo rapporto con la Natura e con gli Alberi: da Van Gogh a Mondrian, a Lo Iacono, germoglia in Europa la cultura del Verde e l'arte floreale, i movimenti ambientalistici e i primi partiti Verdi... ma tutto ciò sembra non bastare, soprattutto in Italia dove determinate ignoranze e marcati tabù continuano a insistere nelle menti e nei cuori dei più.

Mi aggancio a tempi più correnti citando ciò che Sciascia scrive, La letteratura italiana è priva di Alberi nel senso che gli Alberi sono soltanto Alberi, indistintamente, senza specificazione, senza altro nome... Di fatto pochi scrittori li conoscono, e nell'affermare questo, Sciascia rievoca D'Annunzio.

Le dita fermano la loro corsa sui tasti del pc, mi accorgo che il mio respiro è accelerato e discontinuo, non pieno, e so perché, sono giunto a quel dunque che colloca i Boschi come luoghi di grigliate, di svago, di proposizioni ludiche dove gli Alberi, tutt'al più, sono i pali di un'improvvisata porta di calcio o posti elettivi per giocare a nascondino, rami da staccare senza rispetto per accendere un fuoco, piante da depredare dei loro germogli o frutti senza rispetto, senza riguardo, attenzione, considerazione, essendo alberi, senza "a" maiuscola, non esseri viventi, ma corpi inanimati e senza vita.

Ciò a cui assistiamo essendo complici di un tale obbrobrio, anche e soprattutto perché silenziosi a fronte di tanto decadimento umano, morale, culturale e dunque sociale, è una vera e propria deriva etica, un abominio che non tiene conto dell'essere umano come parte del pianeta vivente di cui siamo espressione e non padroni. Motivati da logiche iperboliche, siamo diventati predatori, saccheggiatori, predoni di una realtà di cui siamo parte, dove gli Alberi esprimono un ruolo, una presenza consistente che è confidenza, amore, reciprocità, identità.

Credo che sia necessario muovere nuovi e concreti passi di salvaguardia e cura, di attenzione e rispetto, a partire dalle origini, dai nomi degli Alberi, dai Generi di identificazione e appartenenza, dalle specie; percorrere dunque un cammino di conoscenza per giungere a una coscienza che ci renda consapevolmente Esseri parte di questa Terra, al fine di esistere in una visione concreta di rispetto e armonia reciproca e corrisposta, poiché condivisa.

Se vi state chiedendo come parlare con gli Alberi così come nell'esperienza e nella sensibilità di artisti e Poeti, è sufficiente tacere e ascoltare oltre la sfera del sensibile.

Giacomo Piraino



L'Essere degli Alberi - Pensieri di verde pace in un mondo in guerra con sé stesso




Pochi chilometri da Palermo, lungo una strada collinare e paesaggistica, al termine parziale di questo avvolgente e fascinoso scenario, percorrendo un'impervia stradina che si inerpica tra curve sfidanti e sassi improvvisi, si apre allo sguardo una via ben curata, fatta di foglie e pietrisco lieve, quasi polveroso, che con morbido andamento porta in un luogo d'incanto, sospeso tra realtà e misticismo, tra netta consistenza e profonda spiritualità.



Pochi chilometri da Palermo, lungo una strada collinare e paesaggistica, al termine parziale di questo avvolgente e fascinoso scenario, percorrendo un'impervia stradina che si inerpica tra curve sfidanti e sassi improvvisi, si apre allo sguardo una via ben curata, fatta di foglie e pietrisco lieve, quasi polveroso, che con morbido andamento porta in un luogo d'incanto, sospeso tra realtà e misticismo, tra netta consistenza e profonda spiritualità.

Questo luogo, verde per natura, forte del suo essere vivo e vitale, posto oltre Monreale e prima del piccolo centro urbano di Pioppo, è il Bosco di Casaboli, un'area verde, protetta e ben curata, dove la natura incontaminata riecheggia profumi e forme che, in un rimbalzo all'infinito, ne caratterizzano l'essere e l'essenza.

Sistemo la bici, e con sguardo rotondo respiro la calda e calma accoglienza di questo luogo catartico, circondato dall'autorevolezza delle vette che lo attorniano.

Con passo lento e sentito, mi addentro, avanzo nel sottobosco, inebriato da odori di muschio e terra che, nella mia percezione, diventano sapori.

Mi faccio attrarre da un grande e maestoso Faggio, ripongo il mio zaino, prendo il mio portatile e subito trovo posto poggiando le mie spalle lungo il tronco che mi tiene e contiene, donandomi il suo sostegno.

Si, è proprio così, ho scelto di scrivere queste riflessioni in questa piccola foresta siciliana perché mi sono chiesto che senso avrebbe avuto scrivere di Boschi e Alberi, di Arbusti e Cespugli, di Rovi e Bacche, senza un contatto diretto e vissuto nell'hic et nunc del fluire dei miei pensieri, senza quella prossimità che racconta il legame arcaico e primitivo, ancestrale e primigenio che esiste tra gli Umani e gli Alberi.

Lo sguardo sul video del pc, i sensi aperti ad accogliere e percepire, le dita che scorrono sui tasti e l'energia di questo luogo che mi attraversa, formano la condizione che genera il fluire dei miei pensieri, un piccolo viaggio per evidenziare il rapporto tra Alberi e Umani nella storia, nella religione, in politica, in poesia e nell'arte, un breve e accennato itinerario lungo il quale è possibile intravedere quanto Essi ci osservano e prendono parte al nostro gioire e al nostro patire.

Un tempo, il piccolo fiume Iliso, che scorre nella pianura di Atene, era circondato di Platani che ascoltavano i colloqui tra Socrate e Platone, così come può dedursi, da tanta iconografia, quanto la Palma proteggeva con la sua ombra la Vergine e il Bambino e, per tale motivo, cosiddetta Palma di Maria, o ancora evochiamo il Mango del Budda che offrì il fiore dell'Ultimo Discorso.

Penso al mito di Fillide che, con il cuore spezzato dalla vana attesa dell'amato Demofonte, si tolse la vita e che Atena, mossa dalla commozione, trasformò in Mandorlo; oppure al mito di Dafne che chiese aiuto alla Madre Gea che, per aiutarla a sfuggire ad Apollo, la trasformò in un leggiadro Albero, il Lauro - La madre Gea ascoltò la sua preghiera e così iniziò a rallentare la corsa della figlia, in fuga da Apollo, fino a fermarla e contemporaneamente a trasformare il suo corpo: i suoi capelli si mutarono in fronde leggere; le sue braccia si levarono alte verso il cielo diventando flessibili rami; il suo corpo aggraziato si ricoprì di corteccia; i suoi delicati piedi si tramutarono in robuste radici ed il suo volto, rigato di lacrime, svaniva nella cima dell'albero.

Come non rievocare l'Albero del Paradiso che, suo malgrado, partecipò al peccato originale o l'Albero della vita eterna che nel Corano viene posto tra il Giardino dell'Eden e il ponte verso l'Inferno e di cui la leggenda narra che nel meraviglioso giardino dell'aldilà, che i Musulmani chiamano Jannah, esso è così grande, e possiede talmente tanti rami, che se un veloce cavaliere decidesse di attraversare la sua ombra, impiegherebbe più di cento anni. Dalle sue radici nascono fiumi di acqua limpida e fresca, e le sue foglie di smeraldo accolgono frutti simili a gioielli. Quest'albero si chiama Tuba e rappresenta la vita eterna.

E ancora, nella rivoluzione illuministica l'umanità, liberata dagli antichi e vetusti condizionamenti sociali e culturali, tornò a vivere la natura in spirito di bellezza e la nuova Convenzione socioculturale volle l'Albero come simbolo della libertà; coloro che appartennero alla sinistra della Convenzione nazionale francese detta la Montagne- i Montagnardi - lo posero in cima alla loro collina e pretesero che anche la giustizia venisse amministrata sotto le sue fronde.

Poi la civiltà industriale prese il posto di quella dei Lumi; fu così che libertà e bellezza furono scalzate dall'avvento del profitto e gli Alberi furono tristemente soppiantati da tristi e inquinanti ciminiere.

Deforestazioni insensate, piromani dissennati, inaugurarono - tristemente - un tempo ancora tragicamente vivo, come se fosse in corso una vera e propria guerra contro un improbabile nemico che - oltretutto - non poteva e non può difendersi.

L'Antropocentrismo, quella arcaica concezione espressione di una teoria, di una religione o di una semplice opinione, veniva mutato in un atteggiamento selvaggio, incivile, zotico dal nuovo avvento socio - ideologico, determinato da un furore cieco contro Alberi e Foreste, Animali e specie viventi.

A nulla è servito che il pittore inglese John Constable riportasse al centro della cultura la Mistica della Natura con i suoi dipinti di Boschi e Brughiere, o l'evidenza filosofica suggerita da Hegel - puramente Romantica - dello squilibrio tra contenuto spirituale e forma sensibile.

A latere di tutto ciò, di questo immobilismo e deterioramento sociale e culturale, si imponeva un nuovo rapporto con la Natura e con gli Alberi: da Van Gogh a Mondrian, a Lo Iacono, germoglia in Europa la cultura del Verde e l'arte floreale, i movimenti ambientalistici e i primi partiti Verdi... ma tutto ciò sembra non bastare, soprattutto in Italia dove determinate ignoranze e marcati tabù continuano a insistere nelle menti e nei cuori dei più.

Mi aggancio a tempi più correnti citando ciò che Sciascia scrive, La letteratura italiana è priva di Alberi nel senso che gli Alberi sono soltanto Alberi, indistintamente, senza specificazione, senza altro nome... Di fatto pochi scrittori li conoscono, e nell'affermare questo, Sciascia rievoca D'Annunzio.

Le dita fermano la loro corsa sui tasti del pc, mi accorgo che il mio respiro è accelerato e discontinuo, non pieno, e so perché, sono giunto a quel dunque che colloca i Boschi come luoghi di grigliate, di svago, di proposizioni ludiche dove gli Alberi, tutt'al più, sono i pali di un'improvvisata porta di calcio o posti elettivi per giocare a nascondino, rami da staccare senza rispetto per accendere un fuoco, piante da depredare dei loro germogli o frutti senza rispetto, senza riguardo, attenzione, considerazione, essendo alberi, senza "a" maiuscola, non esseri viventi, ma corpi inanimati e senza vita.

Ciò a cui assistiamo essendo complici di un tale obbrobrio, anche e soprattutto perché silenziosi a fronte di tanto decadimento umano, morale, culturale e dunque sociale, è una vera e propria deriva etica, un abominio che non tiene conto dell'essere umano come parte del pianeta vivente di cui siamo espressione e non padroni. Motivati da logiche iperboliche, siamo diventati predatori, saccheggiatori, predoni di una realtà di cui siamo parte, dove gli Alberi esprimono un ruolo, una presenza consistente che è confidenza, amore, reciprocità, identità.

Credo che sia necessario muovere nuovi e concreti passi di salvaguardia e cura, di attenzione e rispetto, a partire dalle origini, dai nomi degli Alberi, dai Generi di identificazione e appartenenza, dalle specie; percorrere dunque un cammino di conoscenza per giungere a una coscienza che ci renda consapevolmente Esseri parte di questa Terra, al fine di esistere in una visione concreta di rispetto e armonia reciproca e corrisposta, poiché condivisa.

Se vi state chiedendo come parlare con gli Alberi così come nell'esperienza e nella sensibilità di artisti e Poeti, è sufficiente tacere e ascoltare oltre la sfera del sensibile.

Giacomo Piraino



L'Essere degli Alberi - Pensieri di verde pace in un mondo in guerra con sé stesso




Pochi chilometri da Palermo, lungo una strada collinare e paesaggistica, al termine parziale di questo avvolgente e fascinoso scenario, percorrendo un'impervia stradina che si inerpica tra curve sfidanti e sassi improvvisi, si apre allo sguardo una via ben curata, fatta di foglie e pietrisco lieve, quasi polveroso, che con morbido andamento porta in un luogo d'incanto, sospeso tra realtà e misticismo, tra netta consistenza e profonda spiritualità.



Pochi chilometri da Palermo, lungo una strada collinare e paesaggistica, al termine parziale di questo avvolgente e fascinoso scenario, percorrendo un'impervia stradina che si inerpica tra curve sfidanti e sassi improvvisi, si apre allo sguardo una via ben curata, fatta di foglie e pietrisco lieve, quasi polveroso, che con morbido andamento porta in un luogo d'incanto, sospeso tra realtà e misticismo, tra netta consistenza e profonda spiritualità.

Questo luogo, verde per natura, forte del suo essere vivo e vitale, posto oltre Monreale e prima del piccolo centro urbano di Pioppo, è il Bosco di Casaboli, un'area verde, protetta e ben curata, dove la natura incontaminata riecheggia profumi e forme che, in un rimbalzo all'infinito, ne caratterizzano l'essere e l'essenza.

Sistemo la bici, e con sguardo rotondo respiro la calda e calma accoglienza di questo luogo catartico, circondato dall'autorevolezza delle vette che lo attorniano.

Con passo lento e sentito, mi addentro, avanzo nel sottobosco, inebriato da odori di muschio e terra che, nella mia percezione, diventano sapori.

Mi faccio attrarre da un grande e maestoso Faggio, ripongo il mio zaino, prendo il mio portatile e subito trovo posto poggiando le mie spalle lungo il tronco che mi tiene e contiene, donandomi il suo sostegno.

Si, è proprio così, ho scelto di scrivere queste riflessioni in questa piccola foresta siciliana perché mi sono chiesto che senso avrebbe avuto scrivere di Boschi e Alberi, di Arbusti e Cespugli, di Rovi e Bacche, senza un contatto diretto e vissuto nell'hic et nunc del fluire dei miei pensieri, senza quella prossimità che racconta il legame arcaico e primitivo, ancestrale e primigenio che esiste tra gli Umani e gli Alberi.

Lo sguardo sul video del pc, i sensi aperti ad accogliere e percepire, le dita che scorrono sui tasti e l'energia di questo luogo che mi attraversa, formano la condizione che genera il fluire dei miei pensieri, un piccolo viaggio per evidenziare il rapporto tra Alberi e Umani nella storia, nella religione, in politica, in poesia e nell'arte, un breve e accennato itinerario lungo il quale è possibile intravedere quanto Essi ci osservano e prendono parte al nostro gioire e al nostro patire.

Un tempo, il piccolo fiume Iliso, che scorre nella pianura di Atene, era circondato di Platani che ascoltavano i colloqui tra Socrate e Platone, così come può dedursi, da tanta iconografia, quanto la Palma proteggeva con la sua ombra la Vergine e il Bambino e, per tale motivo, cosiddetta Palma di Maria, o ancora evochiamo il Mango del Budda che offrì il fiore dell'Ultimo Discorso.

Penso al mito di Fillide che, con il cuore spezzato dalla vana attesa dell'amato Demofonte, si tolse la vita e che Atena, mossa dalla commozione, trasformò in Mandorlo; oppure al mito di Dafne che chiese aiuto alla Madre Gea che, per aiutarla a sfuggire ad Apollo, la trasformò in un leggiadro Albero, il Lauro - La madre Gea ascoltò la sua preghiera e così iniziò a rallentare la corsa della figlia, in fuga da Apollo, fino a fermarla e contemporaneamente a trasformare il suo corpo: i suoi capelli si mutarono in fronde leggere; le sue braccia si levarono alte verso il cielo diventando flessibili rami; il suo corpo aggraziato si ricoprì di corteccia; i suoi delicati piedi si tramutarono in robuste radici ed il suo volto, rigato di lacrime, svaniva nella cima dell'albero.

Come non rievocare l'Albero del Paradiso che, suo malgrado, partecipò al peccato originale o l'Albero della vita eterna che nel Corano viene posto tra il Giardino dell'Eden e il ponte verso l'Inferno e di cui la leggenda narra che nel meraviglioso giardino dell'aldilà, che i Musulmani chiamano Jannah, esso è così grande, e possiede talmente tanti rami, che se un veloce cavaliere decidesse di attraversare la sua ombra, impiegherebbe più di cento anni. Dalle sue radici nascono fiumi di acqua limpida e fresca, e le sue foglie di smeraldo accolgono frutti simili a gioielli. Quest'albero si chiama Tuba e rappresenta la vita eterna.

E ancora, nella rivoluzione illuministica l'umanità, liberata dagli antichi e vetusti condizionamenti sociali e culturali, tornò a vivere la natura in spirito di bellezza e la nuova Convenzione socioculturale volle l'Albero come simbolo della libertà; coloro che appartennero alla sinistra della Convenzione nazionale francese detta la Montagne- i Montagnardi - lo posero in cima alla loro collina e pretesero che anche la giustizia venisse amministrata sotto le sue fronde.

Poi la civiltà industriale prese il posto di quella dei Lumi; fu così che libertà e bellezza furono scalzate dall'avvento del profitto e gli Alberi furono tristemente soppiantati da tristi e inquinanti ciminiere.

Deforestazioni insensate, piromani dissennati, inaugurarono - tristemente - un tempo ancora tragicamente vivo, come se fosse in corso una vera e propria guerra contro un improbabile nemico che - oltretutto - non poteva e non può difendersi.

L'Antropocentrismo, quella arcaica concezione espressione di una teoria, di una religione o di una semplice opinione, veniva mutato in un atteggiamento selvaggio, incivile, zotico dal nuovo avvento socio - ideologico, determinato da un furore cieco contro Alberi e Foreste, Animali e specie viventi.

A nulla è servito che il pittore inglese John Constable riportasse al centro della cultura la Mistica della Natura con i suoi dipinti di Boschi e Brughiere, o l'evidenza filosofica suggerita da Hegel - puramente Romantica - dello squilibrio tra contenuto spirituale e forma sensibile.

A latere di tutto ciò, di questo immobilismo e deterioramento sociale e culturale, si imponeva un nuovo rapporto con la Natura e con gli Alberi: da Van Gogh a Mondrian, a Lo Iacono, germoglia in Europa la cultura del Verde e l'arte floreale, i movimenti ambientalistici e i primi partiti Verdi... ma tutto ciò sembra non bastare, soprattutto in Italia dove determinate ignoranze e marcati tabù continuano a insistere nelle menti e nei cuori dei più.

Mi aggancio a tempi più correnti citando ciò che Sciascia scrive, La letteratura italiana è priva di Alberi nel senso che gli Alberi sono soltanto Alberi, indistintamente, senza specificazione, senza altro nome... Di fatto pochi scrittori li conoscono, e nell'affermare questo, Sciascia rievoca D'Annunzio.

Le dita fermano la loro corsa sui tasti del pc, mi accorgo che il mio respiro è accelerato e discontinuo, non pieno, e so perché, sono giunto a quel dunque che colloca i Boschi come luoghi di grigliate, di svago, di proposizioni ludiche dove gli Alberi, tutt'al più, sono i pali di un'improvvisata porta di calcio o posti elettivi per giocare a nascondino, rami da staccare senza rispetto per accendere un fuoco, piante da depredare dei loro germogli o frutti senza rispetto, senza riguardo, attenzione, considerazione, essendo alberi, senza "a" maiuscola, non esseri viventi, ma corpi inanimati e senza vita.

Ciò a cui assistiamo essendo complici di un tale obbrobrio, anche e soprattutto perché silenziosi a fronte di tanto decadimento umano, morale, culturale e dunque sociale, è una vera e propria deriva etica, un abominio che non tiene conto dell'essere umano come parte del pianeta vivente di cui siamo espressione e non padroni. Motivati da logiche iperboliche, siamo diventati predatori, saccheggiatori, predoni di una realtà di cui siamo parte, dove gli Alberi esprimono un ruolo, una presenza consistente che è confidenza, amore, reciprocità, identità.

Credo che sia necessario muovere nuovi e concreti passi di salvaguardia e cura, di attenzione e rispetto, a partire dalle origini, dai nomi degli Alberi, dai Generi di identificazione e appartenenza, dalle specie; percorrere dunque un cammino di conoscenza per giungere a una coscienza che ci renda consapevolmente Esseri parte di questa Terra, al fine di esistere in una visione concreta di rispetto e armonia reciproca e corrisposta, poiché condivisa.

Se vi state chiedendo come parlare con gli Alberi così come nell'esperienza e nella sensibilità di artisti e Poeti, è sufficiente tacere e ascoltare oltre la sfera del sensibile.

Giacomo Piraino



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